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Il termine 'demenza' indica in generale una condizione caratterizzata da deficit della sfera cognitiva (attenzione, memoria, linguaggio, orientamento, ragionamento, critica, personalità e comportamento), che siano: 1. multipli (es. un paziente che in seguito ad un ictus sviluppa un puro problema di linguaggio non viene definito demente), 2. sufficientemente gravi da ridurre l'autonomia del paziente nello svolgimento delle attività quotidiane, 3. presenti stabilmente, non solo in momenti particolari come durante una malattia o un forte stress, e 4. riguardanti funzioni che in precedenza erano del tutto nella norma (es. un paziente con ritardo mentale dalla nascita non viene definito demente).
Negli ultimi decenni, al concetto di demenza si è affiancato quelli di 'deterioramento cognitivo lieve' (Mild Cognitive Impairment, MCI), che in oltre il 50% dei casi rappresenta una fase di pre-demenza: tali pazienti presentano inizialmente deficit cognitivi lievi, singoli (es. solo compromissione della memoria) o multipli, che non limitano la loro indipendenza funzionale, ma possono poi progredire a demenza vera e propria. Si tratta di una condizione importante da individuare perchè permette di agire con interventi preventivi che ritardino il passaggio a demenza.
Esistono varie forme di demenza, che hanno cause e sintomi diversi, ma le due tipologie principali sono rappresentate dalle demenze neurodegenerative, che comprendono, tra le altre, la malattia di Alzheimer (MA), la demenza a corpi di Lewy e la patologie fronto-temporali, e dalla demenza di origine vascolare.
Epidemiologia
Una delle più recenti stime di prevalenza della demenza nel mondo riferisce di circa 50 milioni di soggetti affetti. Un valore destinato a raggiungere i 130 milioni entro i prossimi trent'anni. Fino al 60% di questi pazienti hanno una MA, che è la forma di demenza più frequente in assoluto. Attualmente in Italia si stima che siano 600.000 i malati di Alzheimer, corrispondenti a circa il 20% della popolazione ultrasessantenne, ed in una percentuale simile di casi è presente una condizione di MCI. Altre forme neurodegenerative, quali la malattia a corpi di Lewy o le demenze fronto-temporali, rappresentano invece nel loro insieme meno del 20% delle demenze. La demenza vascolare, invece, è la seconda forma più comune di demenza dopo la MA, con una prevalenza stimata, in Europa, compresa tra il 20% e il 40%.
Uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di una demenza è l'età anziana. Per la MA, in particolare, l'incidenza aumenta in maniera esponenziale con l’avanzare dell’età, passando da quattro nuove diagnosi all'anno ogni 1000 persone tra i 60 ed i 64 anni, a 105 casi /anno/1000 persone negli ultranovantenni. Ulteriori fattori di rischio sono patologie come il diabete, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione e l’obesità, ed anche uno stile di vita poco salutare, comprendente una scarsa attività fisica e mentale, un'alimentazione poco equilibrata, l'abuso di alcool o altre sostanze. Il fattore familiarità ha un peso significativo solo in una ridotta percentuale di casi (intorno al 10% per la MA), appartenenti a famiglie portatrici di mutazioni genetiche con numerosi membri affetti dalla malattia, mentre avere un solo parente affetto in una delle generazioni precedenti aumenta solo lievemente il livello di rischio.
Patogenesi
L'ipotesi dominante sulle cause della MA è quella della cosiddetta 'cascata amiloidea', cioè di una serie di eventi che hanno come effetto finale la morte dei neuroni cerebrali (neurodegenerazione), innescati dall'accumulo nel cervello della proteina amiloide. Altre forme di demenza neurodegenerativa, per esempio sono sostenute da un meccanismo analogo, ma legato a proteine diverse: l'alfa-sinucleina per la malattia a corpi di Lewy, la proteina Tau o la TDP-43 per le demenze fronto-temporali. In tutte queste patologie la degenerazione neuronale porta ad una riduzione delle dimensioni del cervello in toto o in alcune aree specifiche (es. i lobi frontale e/o temporale), visibile come atrofia all'osservazione macroscopica dell'encefalo.
Per quanto riguarda la demenza vascolare, invece, la disfunzione e la morte neuronali sono legate alla riduzione di apporto di ossigeno e nutrienti e alle reazioni infiammatorie che conseguono al restringimento o all'occlusione (meno frequente alla lacerazione) dei piccoli o grandi vasi che irrorano il tessuto cerebrale. La demenza può comparire dopo un ictus esteso, e in questo caso i sintomi sono direttamente correlati alle funzioni controllate dalle aree cerebrali colpite, oppure svilupparsi nel tempo per l'accumularsi di microlesioni più o meno diffuse.
Sintomi
L'esordio classico della MA consiste nella comparsa insidiosa e progressiva di deficit della capacità di formare nuovi ricordi (memoria di fissazione o anterograda), a fronte di una relativamente conservata capacità di rievocare memorie più o meno remote. Successivamente, nel giro di qualche anno, tendono a comparire difficoltà di orientamento temporale (es. nel riferire la data del giorno) e spaziale, di comprensione e recupero dei vocaboli, di riconoscimento di persone note e di utilizzo degli oggetti, mentre il deficit mnesico diviene progressivamente più severo. In fase avanzata il paziente può non riuscire a distinguere il giorno dalla notte, a riconoscere il domicilio, i propri familiari o anche se stesso allo specchio, ad esprimersi verbalmente in maniera corretta, e a svolgere gesti più o meno complessi. Tutto ciò impatta naturalmente sulla sua capacità di occuparsi della casa, vestirsi e curare l'igiene personale, cucinare, utilizzare il denaro, uscire di casa e spostarsi da solo, assumere correttamente i farmaci, comunicare con gli altri, e così via. Inoltre, anche il movimento e la deambulazione divengono sempre più difficoltosi e incerti. L'aspettativa di vita dalla diagnosi di demenza di Alzheimer è in media di 10 aa circa.
Un altro aspetto clinico molto rilevante, nelle demenze, oltre a quello dei deficit cognitivi e motori, è rappresentato dalle manifestazioni neuropsichiatriche. In fase iniziale sono presenti molto frequentemente depressione, in gran parte reattiva alla diagnosi e alle difficoltà e limitazioni derivanti dalla malattia, e apatia. In alcuni pazienti si sviluppano anche agitazione, irritabilità o aggressività, ed allucinazioni e deliri.
In altre demenze neurodegenerative (ma anche in alcune forme meno tipiche di MA) i sintomi d'esordio non riguardano la sfera della memoria. Nella malattia a corpi di Lewy compaiono in genere deficit visuospaziali ed esecutivi, allucinazioni visive, e disturbi del movimento a tipo malattia di Parkinson: rallentamento nel cammino, rigidità muscolare. Nella demenza frontale comportamentale è soprattutto la personalità a modificarsi, in particolare in senso apatico o francamente disinibito, fatuo, infantile, e poco empatico. Spesso si associa anche un cambiamento delle abitudini alimentari, con tendenza all'iperfagia, al consumo eccessivo di dolci, e talvolta, anche di alcolici. In un'altra forma di demenza frontale e nella demenza del lobo temporale, invece, ad essere coinvolto per primo è il linguaggio. Nella prima forma il paziente diviene progressivamente mutacico, ha un eloquio spontaneo molto ridotto, e compie errori grammaticali e fonemici (scambia lettere o sillabe all'interno delle parole). Nella seconda forma il linguaggio è fluente, ma caratterizzato da anomie, sostituzioni di vocaboli con altri vicini per significato (es. 'fratello' per 'sorella'), e utilizzo di parole generiche (es. coso, quello), e si associano difficoltà di comprensione.
Per quanto concerne la demenza vascolare, ci posso essere deficit di memoria, ma sono soprattutto le funzioni cosiddette 'esecutive' ad essere compromesse, con difficoltà di programmazione delle attività, concretezza di pensiero, scarsa capacità di critica e giudizio, difficoltà ad inibire alcuni comportamenti. Particolarmente frequenti e precoci sono l'apatia, la labilità emotiva, le turbe della deambulazione, l'incontinenza. Il decorso clinico è caratteristicamente 'a gradini', non progressivo come per le patologie degenerative: a fasi di stabilità dei sintomi seguono bruschi peggioramenti correlati a nuovi eventi di insufficienza circolatoria cerebrale.
Il neurologo rappresenta lo specialista di riferimento per la diagnosi di demenza. Essa si basa innanzitutto sulla presenza dei deficit cognitivi appena descritti, che possono essere oggettivati e quantificati con prove neuropsicologiche specifiche (test di memoria, di linguaggio, visuo-spaziali, di denominazione, ecc. e scale comportamentali). La TAC o Risonanza magnetica dell'encefalo permettono di evidenziare atrofia (inizialmente a livello temporale mesiale/ippocampale, nella MA amnesica, poi diffusa) o esiti vascolari, mentre esami cosiddetti 'funzionali', come la PET con glucosio marcato con tracciante radioattivo, rilevano le aree cerebrali meno attive. Negli ultimi anni, poi, per una diagnosi di quasi certezza di MA è possibile eseguire una PET con un tracciante che mette in evidenza direttamente gli accumuli di proteina amiloide a livello dell'encefalo, oppure il dosaggio della proteina nel liquor che circola negli spazi tra le circonvoluzioni cerebrali, che viene prelevato tramite puntura lombare.
Terapia
Al momento vi è disponibilità di trattamento farmacologico per i pazienti affetti da MA, malattia a corpi di Lewy e demenza vascolare, anche se nessuna delle terapie in uso permette di arrestare completamente i processi di danno cerebrale e impedire la progressione dei sintomi. Gli anticolinesterasici (donepezil, rivastigmina, galantamina) e la memantina agiscono potenziando la trasmissione degli impulsi a livello delle sinapsi cerebrali, e sono indicati nelle prime due patologie. Nelle forme vascolari, l'introduzione di vasodilatatori e di farmaci che prevengono le recidive vascolari (es. l'aspirina) migliorano la perfusione cerebrale.
In presenza di disturbi dell'umore e del comportamento, è possibile intervenire con antidepressivi (es. gli inibitori del reuptake della serotonina) e neurolettici, soprattutto quelli di ultima generazione, meno gravati da effetti collaterali cardiovascolari e motori (quetiapina, risperidone, olanzapina).
Infine, anche il controllo dei fattori di rischio vascolare, l'adozione di uno stile di vita attivo e sano (compresa la dieta mediterranea), e gli esercizi di stimolazione cognitiva possono essere di grande beneficio, soprattutto nelle prime fasi di malattia. Promuovere la riduzione del rischio di sviluppare demenza attraverso questi interventi non farmacologici è fondamentale, nell'attesa di trattamenti risolutivi. Sono infatti in corso numerose sperimentazioni, in particolare nel campo della MA in fase di MCI, che, agendo sui processi patogenetici della malattia, puntano a bloccare o prevenire la neurodegenerazione e le sue conseguenze cliniche.
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